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TUTTI PAZZI PER ROSE
(Francia, 2012) di Régis Roinsard |
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Il lungometraggio è ambientato alla fine degli Anni '50 in Bassa Normandia. La giovanissima Rose Pamphyle aiuta il burbero padre vedovo a gestire la drogheria del paesino in cui abitano sotto lo stesso tetto. La convivenza però non è facile, perché papà Jean vuole imporle un matrimonio col figlio del meccanico, a suo dire miglior partito del paese, mentre Rose, ambiziosa e ribelle, non vuole saperne e immagina per sé un futuro ben diverso da quello di casalinga quieta e composta. Così risponde a un annuncio per aspiranti segretarie a Lisieux, dove incontra un carismatico capufficio che la prende in simpatia e l'assume, malgrado le sue qualità di segretaria non siano proprio brillanti. Rose tuttavia ha un asso nella manica: batte a macchina a velocità impressionante malgrado adoperi solamente i due indici.
La nuova segretaria è un vero disastro,
ma il principale Louis Échard scommette col suo migliore amico Bob, originario degli Stati Uniti,
che riuscirà a fare di lei la più veloce dattilografa di Francia e magari anche del mondo, arrivando a battere la detentrice americana del record.
Fin dal loro primo incontro, tra Rose e Louis scocca la scintilla dell'amore, che si alimenta durante l'allenamento per poi smorzarsi in una battuta d'arresto proprio quando Rose può spiccare il volo verso fama e successo. Non è difficile immaginare come andrà a finire.
Il cast annovera solo due volti noti del panorama internazionale, mentre gli altri sono famosi soprattutto in Francia. Dopo aver dato prova del suo innato talento in svariati generi cinematografici, Romain Duris (L'appartamento Spagnolo, Parigi) sembra del tutto a suo agio nel ruolo leggero di Louis Échard in un look decisamente elegante che rimanda alla figura di Montgomery Clift;
Bérénice Bejo riacquista la voce e riconferma il carisma dimostrato nel delizioso The Artist;
Shaun Benson è un attore canadese molto attivo nelle produzioni televisive americane; quanto alla protagonista Déborah François, molto nota in patria, riesce a tratteggiare il suo personaggio con simpatia e naturalezza.
Le svolte filmiche legate alle competizioni di velocità dattilografica costituiscono lo spunto narrativo per comporre un riuscito spaccato della società (francese prima e americana poi) degli indimenticati Fifties e per illustrare il progresso tecnologico rapido e inarrestabile delle macchine da scrivere (il titolo originale Populaire attiene infatti al modello rosa brevettato dallo sponsor di Rose).
Il regista inoltre trae lo spunto per descrivere le aspirazioni di una giovane donna dell'epoca in una pacifica lotta di emancipazione che tuttavia non disdegna l'amore per il suo principe azzurro.
Malgrado l'esprit de l'époque li giustifichi almeno in parte, alcuni passaggi della pellicola risultano davvero troppo zuccherosi e stucchevoli, mentre il limite più evidente è il logoro impianto autocelebrativo in cui i Francesi non mancano di eccellere ogni volta, che si traduce nel consueto atteggiamento denigratorio nei confronti degli Italiani. Così l'unica dattilografa che perde le staffe è guarda caso proprio quella italiana; dietro le quinte della gara americana la parola amore viene pronunciata con enfasi estatica in tutte le lingue, tranne - indovinate un po'?; le mitiche macchine da Scrivere della Olivetti, già allora famose e diffuse in tutto il mondo, vengono ignorate con placida nonchalance. Ça va sans dire! |
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©® Annalisa Ghigo
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