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PARIGI
(Francia, 2008) di Cédric Klapisch |
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Gli splendidi titoli di testa in wide screen scorrono con effetti di sovrapposizione-immagine che anticipano la struttura corale e stratificata di personaggi multiformi, ognuno dei quali acquisisce spessore con la propria storia. Dopo il dittico de L'appartamento spagnolo e Bambole russe (titolo alquanto emblematico per uno stile che tende ad accorpare assieme più vicende parallele a guisa di scatole cinesi) Klapisch si sofferma sulla silenziosa sofferenza implosa nel protagonista Pierre, che prende atto dolorosamente della diagnosi medica di una grave malformazione cardiaca che lo costringe ad affrontare un imminente intervento dagli esiti incerti. Pierre si rifugia tra le braccia amorose della sorella maggiore Élise, che con il suo affetto incondizionato riesce a colmare i vuoti esistenziali del fratello. Vuoti che si riflettono in quelli di un puzzle di personaggi solo apparentemente slegati tra loro e invece accomunati dall'anelito verso esperienze nuove che cancellino solitudine, insicurezze, fragilità o semplicemente che possano fungere da diversivo per allontanare la noia. Leitmotiv che accorpa le esistenze di tutti i personaggi è Parigi, autentica protagonista analizzata in ogni sua intima sfaccettatura: Pierre è spesso affacciato al balcone a rimirarne la bellezza, quasi a volersi annullare nei suoi viali, nei suoi palazzi antichi, nei suoi cieli, in un Invito al viaggio di antiche memorie letterarie che evocano dimensioni oniriche in cui «tutto è ordine, bellezza, voluttà».
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©® Annalisa
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